Scopri la tecnica di imaging virtuale
Come funziona la tecnica che ha permesso la ricerca sull’origine di lucertole e serpenti?
Per comprenderne meglio l’anatomia, Megachirella è stata analizzata mediante microtomografia computerizzata a raggi X (microCT) presso il Laboratorio Multidisciplinare dell’Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics (ICTP) in collaborazione con Elettra Sincrotrone Trieste.
La tecnica di microCT è simile ai sistemi TAC ospedalieri ma con un dettaglio di gran lunga maggiore e consente di produrre un modello 3D virtuale delle parti esterne e interne dei campioni analizzati con risoluzione micrometrica. Permette inoltre di separare virtualmente componenti diverse, come ad esempio un fossile dalla sua matrice rocciosa.
“Quando i colleghi del MUSE hanno portato ad Elettra il fossile di Megachirella ero entusiasta per questa opportunità e al tempo stesso consapevole delle difficoltà tecniche che un’analisi mediante microCT poteva comportare” – racconta Lucia Mancini, ricercatore presso Centro di ricerca internazionale Elettra. “Grazie alla collaborazione con l’ICTP e applicando opportuni strumenti di analisi delle immagini 3D, siamo però riusciti a separare virtualmente lo scheletro dalla roccia”. “Appena abbiamo visualizzato i risultati dell’analisi, ci siamo resi conto che eravamo i primi, dopo milioni di anni, a poter osservare la faccia ancora nascosta di Megachirella, ossia quella inglobata nella roccia: una grande emozione” aggiunge Federico Bernardini, ricercatore dell’ICTP e del Centro Fermi.
I dati ottenuti grazie all’imaging virtuale sono stati integrati nel più grande dataset mai compilato comprendente lucertole, serpenti e loro stretti parenti e analizzati grazie a metodi all’avanguardia capaci di ricostruire le relazioni di parentela tra le specie. E così il piccolo rettile, fino ad oggi enigmatico, è stato con precisione collocato sull’albero della vita, risultando essere il più antico squamato conosciuto.
Grazie alla spettacolare ricostruzione di Megachirella in vita – realizzata dal pluripremiato paleoartista milanese Davide Bonadonna –la ricerca ha inoltre conquistato la copertina della rivista, che da vent’anni non dedicava ad un fossile italiano la propria prestigiosa immagine di apertura.