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Un nuovo anticorpo monoclonale per la terapia di infarto e ischemia cardiaca

10.01.2022
La ricerca, frutto di una collaborazione tra ICGEB, UniTS e Università di Zagabria, pubblicata su Nature Communications
Comunicati Stampa Dai nostri campus

Una nuova ricerca pubblicata su Nature Communications ha dimostrato l’efficacia di un nuovo farmaco biologico nel proteggere il cuore in seguito a infarto o ischemia cardiaca. Questo farmaco, un anticorpo monoclonale, può bloccare la fibrosi, riducendo la deposizione di tessuto fibroso che limita la funzione di pompa del cuore, e promuovere la sopravvivenza delle cellule muscolari cardiache, andando così a proteggere il muscolo cardiaco in seguito ad infarto del miocardio. La ricerca, frutto di una collaborazione tra ICGEB, UniTS e Università di Zagabria, a cui si è unito un gruppo di cardiochirurghi di Innsbruck grazie al progetto Interreg Italia-Austria INCardio – Terapie Innovative per la cura delle malattie cardiovascolari, rappresenta un punto di svolta nel settore delle terapie innovative in ambito cardiovascolare.

Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in tutto il mondo e sono la principale fonte di spesa sanitaria: in Italia si spendono oltre 20 miliardi di euro all’anno per la cura di queste malattie e i numeri sono destinati a crescere nei prossimi anni. A fronte della pressione sociale e sanitaria esercitata da queste malattie, i farmaci utilizzati per curare i pazienti affetti da patologia cardiaca sono piuttosto datati.

“Le nuove terapie biologiche – spiega Serena Zacchigna, coordinatrice della ricerca, docente di Biologia Molecolare all’Università degli Studi di Trieste e responsabile del laboratorio di Biologia Cardiovascolare dell’ICGEB – stanno trasformando le cure oncologiche o delle malattie ereditarie, mentre sono davvero pochi i farmaci biologici per il trattamento delle malattie cardiovascolari. La stragrande maggioranza delle terapie ad oggi approvate sono piccole molecole chimiche che generalmente hanno un unico bersaglio, bloccano ad esempio l’azione di un enzima o di un recettore. Al contrario, i farmaci biologici (proteine ricombinanti, prodotti di terapia genica e terapia cellulare) riproducono elementi che normalmente esistono nei nostri tessuti e hanno perciò la potenzialità di interferire con meccanismi complessi di terapia. Sono però più difficili da preparare e utilizzare, oltre che più costosi, e per questo complicati da traslare dagli studi sperimentali ai pazienti”.